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latino nell'italiano A BCD EFGH I LMN OPQ RST UV


Barba non facit philosophum. (Plutarco, Diso. conviv. 7, 6, 3).
La barba non fa il filosofo. Espressione equivalente in tutte le lingue a: "L'abito non fa il monaco".

Beati monoculi in terra caecorum.
In terra di ciechi, beati coloro che hanno un occhio solo. - Proverbio latino medievale, usato spesso per significare che, dove le condizioni generali sono cattive, anche la mediocrità può ritenersi soddisfacente. I latini dicevano inter caecos regnat strabus (tra i ciechi comanda lo strabico), un proverbio di origine greca.

Bis in idem.
Due volte nella stessa cosa. Locuzione latina usata a proposito di persona che cada più di una volta nello stesso errore.

Bis repetita placent.
Le cose due volte ripetute, piacciono. (Vedi Repetita iuvant).

Boni viri.
Uomini perbene. Espressione usata talora scherzosamente per indicare i senatori. Trae la sua origine dal noto detto latino: Senatores boni viri, senatus autem mala bestia (I senatori sono uomini perbene, ma il senato è una cattiva bestia).

Brevi manu.
Da mano a mano, direttamente, personalmente. - Locuzione di uso comune per indicare missive e più spesso pagamenti fatti personalmente, senza intermediarii. I brevi pontifici, cioè le lettere usate per le nomine cardinalizie, le onorificenze, la concessione di indulgenze, gli auguri a capi di Stato, derivano il nome dal fatto che venivano spedite brevi manu o brevi via (in via breve).

Caetera desiderantur, o caetera desunt.
Le altre cose mancano. - La locuzione si pone sui libri, quando il testo originale non continua per mancanza di documenti o di pagine.

Captatio benevolentiae.
Cattura della benevolenza. - E' una delle parti dell'orazione, secondo l'antica retorica ecclesiastica, mirante a catturare la benevolenza degli ascoltatori. Un esempio classico di questa tecnica lo troviamo nella tragedia Giulio Cesare di Shakespeare, e precisamente nel discorso funebre di Marco Antonio, davanti al cadavere di Giulio Cesare, ucciso da Bruto.

Caput mundi.
Capo del mondo. - Attributo tradizionale di Roma: Roma caput mundi. Tito Livio racconta che il defunto Romolo appare a Giulio Procolo annunciandogli che gli dèi celesti han deciso ut mea Roma caput orbis terrarum sit, che la mia Roma sia la capitale dell'orbe terrestre.

Carmina non dant panem.
Le poesie non danno pane. - Dante Alighieri, infatti, non ricavò una lira dalla Divina Commedia, e così il Petrarca, il Parini ed altri illustri poeti.

Carpe diem. (Orazio, Odi, I, 2)
Approfitta dell'oggi. - Massima che riassume l'ideale oraziano, di origine stoico-epicurea, ispirato al principio del giusto mezzo e della temperanza, l'aurea mediocritas, secondo il quale, data la brevità della vita, dobbiamo godere giorno per giorno il poco tempo a noi assegnato senza preoccuparci del domani. Infatti, a Leuconoe, la ragazza "dalla candida mente", il poeta dice: "Dum loquimur, fugerit invida Aetas: carpe diem, quam minimum credula postero", Mentre parliamo, dileguasi l'ìnvida età; stringi l'oggi e credula non aspettar domani (Odi, I, II, 7-8).

Castigat ridendo mores.
Ridendo corregge i costumi. - Motto dettato dal letterato francese Jean de Santeul per il busto di Arlecchino che ornava il proscenio della Comédie Italienne a Parigi. La risata, o meglio il riso sorvegliato dall'autoironia, è la migliore medicina per i nostri difetti, per placare le smanie dell'intolleranza, per liberarci dalle ideologie maldigerite.

Casus belli.
Caso di guerra. - Frase che si usa per indicare fatti che possono dar luogo a questioni internazionali ed a guerre; per estensione, litigio, contrasto tra singole persone o gruppi di persone per motivi di poco conto: suvvìa, non facciamone un casus belli!.

Cave canem.
Guardati dal cane. - Motto che presso gli antichi si usava scrivere sulle soglie delle case in cui stava il cane incatenato dentro la porta. Lo si legge anche oggi, scolpito nella pietra, sui pilastri del cancello di qualche villa appartenuta a nobili signori.

Cedant arma togae. (Cicerone, De off., I, 77).
Le armi cedano alla toga. - Frase usata per indicare che la spada non deve prevalere sulla ragione e sulla giustizia. Cicerone riporta un verso di un suo Poema che andò perduto: "Cedant arma togae, concedat laurea linguae". Cedano le armi alla toga e gli allori alla facóndia".

Cicero pro domo sua.
Cicerone per la sua casa. - Cicerone pronunziò nel 57 a.C. un'orazione (che a noi pervenne col titolo "Pro domo sua") colla quale chiedeva al collegio dei pontefici che gli fosse restituita l'area della sua casa, che era stata incendiata dopo il suo esilio, e gli fosse dato il denaro per ricostruirla. La frase viene oggi usata a proposito di chi difenda calorosamente se stesso o le proprie idee.

Cogito, ergo sum. (Cartesio)
Penso, dunque sono. - Su questo postulato Cartesio fondò il razionalisno, pietra angolare della filosofia moderna. L'aforisma Cogito, ergo sum fu volto in ridicolo da quest'altro: Edo, ergo sum. Mangio, quindi esisto.

Compos sui.
Padrone di sé. - Locuzione latina diretta a chi è padrone di sé e delle proprie azioni (talora anche compos mentis, cioè "padrone della propria mente"). Nel linguaggio giuridico, di soggetto che ha piena capacità di intendere e di volere. Ma per lo più, la locuzione è usata in senso negativo: "non è compos sui". Non sa quel che si faccia.

Conditio sine qua non.
Condizione senza la quale non. - Locuzione latina usata per esprimere la condizione indispensabile, senza la quale non è possibile compiere un'azione o mandare a effetto un proposito: per partecipare al concorso di applicato di segreteria è conditio sine qua non il possesso del diploma di scuola media superiore.

Consummatum est. (Giovanni, 19, 30).
E' finita. - Sono le ultime parole di Cristo morente sulla croce, dopo aver bevuto l'aceto dalla spugna. La frase è usata anche nel suo significato generico, quando un governo è bocciato, un potente cade in disgrazia, un attore non riesce a trovare una scrittura.

Coram populo.
Davanti al popolo. Ponzio Pilato, dicendo: "Io sono innocente del sangue di questo giusto" si lavò le mani coram populo: davanti al popolo, pubblicamente. La preposizione latina coram (davanti a) la troviamo anche in altre espressioni. Ad esempio in Dante, quando parla delle mistiche nozze di Francesco d'Assisi con la Povertà: Et coram patre le si fece unito. (Paradiso, XI, 62).

Credo quia absurdum. (Tertulliano, De carne Christi, cap. 5)
Credo perché assurdo. - Frase attribuita allo scrittore Tertulliano (II secolo d.C.), usata per indicare polemicamente l'atteggiamento fideistico che caratterizzerebbe, o dobvrebbe caratterizzare, il credo cristiano. Con senso estensivo, è usata anche per giustificare la propria fede in ciò che la ragione non prova.

Crimen laesae maiestatis.
Delitto di lesa maestà. - In origine, nel diritto romano, ogni delitto contro la maestà del popolo romano e dei suoi magistrati, in seguito ogni delitto contro regnanti, principi, signori feudali e, in genere, contro lo stato e i suoi magistrati. Oggi, al posto del crimen laesae, abbiamo il reato di vilipendio.

Cui prodest. (Seneca,Medea, III, 500-501).
A chi giova. - Frase latina tratta dal passo della Medea di Seneca: cui prodest scelus, is fecit, il delitto l'ha commesso colui al quale esso giova. Nel linguaggio giuridico e politico il cui prodest viene spesso usato quando si cerca di scoprire chi sia l'autore o il promotore di un fatto (non necessariamente delittuoso), nel presupposto che può esserlo soltanto chi se ne ripromette un vantaggio per sé.

Cuique suum. (Ulpiano, De just. et jure).
A ciascuno il suo. - Tutta la giurisprudenza romana era ridotta a tre principii: "Honeste vivere, neminem laedere, suum cuique tribuere". Vivere onestamente, non ledere nessuno, dare ad ognuno ciò che gli spetta.

Cum grano salis. (Plinio, Nat. hist., 23, 77, 3).
Con un pizzico di sale. - Probabilmente la locuzione è un adattamento della frase di Plinio il Vecchio addito salis grano, con l'aggiunta di un pizzico di sale. In senso figurato, la locuzione significa con un po' di buon senso, con una certa misura, con discernimento: le sue parole vanno intese cum grano salis, non vanno cioè prese alla lettera.

Cupio dissolvi.
Desiderio d'essere dissolto. - L'espressione ha la sua origine in san Paolo, il quale nella I^ lettera ai Filippesi scrive, secondo il testo della Vulgata, desiderium habens dissolvi et cum Christo esse, avendo il desiderio d'essere sciolto dal corpo per essere con Cristo. Col tempo però il senso originario di cupio dissolvi si è via via trasformato, per indicare in genere un desiderio di mistico annientamento in Cristo, e il motto è stato assunto a simbolo di aspirazione a una vita ascetica, di rinuncia alla personalità annullando il proprio io per immedesimarlo in Dio.

Cura ut valeas. (Cicerone, Ep. ad fam.).
Procura di star sano. - Bella forma di saluto, chiudente le lettere, come questa: "Si tu vales bene est, ego quoque valeo"., Se tu stai bene, ne sono lieto; anch'io sto bene, - con cui Cicerone spesso iniziava le lettere.

Date obolum Belisario.
Date un obolo a Belisario. - Espressione usata nel senso di dare aiuto all'uomo caduto in disgrazia, come Belisario (generale bizantino al servizio dell'imperatore Giustiniano) che vecchio e cieco, fu costretto, guidato dalla figlia, a chiedere l'elemosina.

De auditu.
Per sentito dire. - Locuzione latina corrispondente a cose che si ripetono per averle udite: riferire de auditu. Anche, per avere udito direttamente, nell'espressione giuridica testimone de visu et de auditu.

De cuius.
Del quale si tratta. - La locuzione completa è de cuius hereditate agitur, della cui eredità si tratta. Nella successione per causa di morte, il soggetto defunto che era proprietario dei beni costituenti il patrimonio ereditario. In senso scherzoso, il de cuius è la persona di cui si sta parlando. De facto.
Di fatto. - Locuzione latina, usata nel linguaggio giuridico, per lo più accoppiata o contrapposta a de iure ("di diritto"), per designare una situazione di fatto non riconosciuta nell'ordinamento giuridico. In particolare, nel diritto internazionale, è usata per indicare il tacito riconoscimento di un nuovo stato o del nuovo governo di uno stato preesistente, senza la pienezza delle conseguenze giuridiche derivanti dal riconoscimento de iure.

De gustibus.
Dei gusti. - La frase completa è de gustibus non est disputandum, sui gusti non si può discutere. E' uno dei tanti intercalari anonimi del latino medievale, assai frequente nel liguaggio comune (spesso anche nella forma ellittica de gustibus), per affermare che i gusti sono soggettivi e ognuno ha diritto d'avere i suoi, per quanto strani possano sembrare ad altri.

De hoc satis.
Di ciò basta. - La locuzione è usata per indicare che l'argomento, o la discussione è esaurita e si può passare ad altro.

De iure
Di diritto. - Locuzione per lo più contrapposta a de facto ("di fatto"), per indicare conformità all'ordinamento giuridico. Nel diritto internazionale, è usata per indicare il riconoscimento di un nuovo stato o di un nuovo governo in modo pieno e definitivo, che implica la volontà di stabilire normali rapporti diplomatici.

De iure condendo.
Quanto al diritto costituendo. - Nel linguaggio giuridico la locuzione è usata in contrapposizione a de iure condito, per significare un'aspirazione di riforma della legge vigente.

De iure condito.
Quanto al diritto costituito. - Espressione indicante lo stato delle norme vigenti in una determinata questione o materia. Nel linguaggio giuridico si contrappone a de iure condendo.

Delenda Carthago.
Cartagine va distrutta. - Motto famoso di Catone il Vecchio che credeva necessario l'annullamento della rivale Cartagine. In verità, si tratta di un'abbreviazione postuma della frase originaria di Catone, che suonava Ceterum censeo Carthaginem esse delendam, del resto io penso che Cartagine è da distruggere.

De minimis non curat praetor.
Il pretore non si cura dei minimi affari. - Massima latina, tuttora in uso (talvolta anche nella forma abbraviata de minimis), per significare che non convierne (o che non si vuole) dare troppa importanza alle piccole cose, alle inezie.

Deminutio capitis. (Gaio, Inst. Iuris Rom.).
Diminuzione di capo. - Frase che in origine indicava la perdita di un individuo da parte di un gruppo, e passata poi a indicare, nell'ordinamento giuridico romano, il mutamento della posizione giuridica dell'individuo stesso rispetto al gruppo (con il senso quindi di "diminuzione della personalità giuridica"), conseguente alla perdita, per cause varie, di alcuni diritti civili. Nel linguaggio corrente, l'espressione è usata a significare perdita di prestigio, di autorità, di grado.

Deo gratias.
Grazie a Dio. - Formula latina di origine biblica, che sottintende agere, rendere. Rendere grazie a Dio. Questa formula liturgica era frequentissima presso i primi cristiani. I martiri, udita la sentenza che li condannava a morte perché non abiuravano alla loro fede, alzavano gli occhi al cielo esclamando Deo gratias. Nell'uso comune e familiare, è frequente come esclamazione di sollievo per l'avverarsi di un fatto atteso, per la fine di cosa noiosa e simile.

De plano.
Agiatamente, senza difficoltà. - Nel linguaggio giuridico medievale, la locuzione era usata per indicare l'esclusione di alcune forme solenni e la conseguente accelerazione del giudizio nella procedura sommaria, o planaria. Nell'uso corrente odierno, è talora adoperata con riferimento a conseguenze che si deducono senza bisogno di dimostrazione da premesse già poste. Questa locuzione la troviamo pure in Dante (Inferno, XXII, 85): "Danar si tolse, e lasciolli di piano".

Desinit in piscem. (Orazio, Ars poet., 3-4).
Finisce in pesce. - Frase latina usata comunemente a proposito di cosa che risulti comunque inferiore alle intenzioni o a quanto prometteva in principio. Deriva da un passo dell'Arte poetica di Orazio (vv. 3-4): ut turpiter atrum Desinat in piscem mulier formosa superne, come se una donna, bella superiormente, terminasse in uno sconcio pesce. Orazio usa questo paragone per notare che l'opera d'arte richiede armonia e unità in tutte le sue parti.

Deus ex machina.
Il dio che appare dalla macchina. - La divinità sui teatri antichi appariva su una macchina, spesso a risolvere situazioni complicate e difficili. La locuzione è usata oggi per indicare una persona che riesce là dove altre hanno fallito, o un evento che sblocca una situazione difficile.

De visu.
Avendo visto. - Locuzione usata in frasi come conoscere de visu, rendersi conto de visu, cioè con i propri occhi. E' contrapposta a de auditu, per sentito dire. I testimoni de visu et de auditu sono quelli che riferiscono cose viste e udite personalmente, non sentite dire.

Dies irae.
Il giorno dell'ira. - Sono le prime due parole di una sequenza latina che la Chiesa canta nell'ufficio dei defunti e nel giorno dei morti. Questa sequenza, una drammatica visione della fine del mondo, è attribuita a Tommaso da Celano, discepolo e biografo di san Francesco. Nel linguaggio figurato il dies irae è il momento della resa dei conti, della vendetta. Il Giusti intitolò Dies irae una satira per la morte dell'imperatore Francesco I d'Austria.

Divide et impera.
Dividi e comada. - Questa frase si è tramandata da secoli per via orale. C'è chi l'ha attribuita ai greci, chi a Filippo il Macedone, chi a vari imperatori romani, a re ed imperatori dal medioevo ai giorni nostri. Datato è invece il corrispondente francese diviser pour régner (dividere per regnare) che re Luigi XI di Francia aveva preso come suo motto.

Do ut des.
Do perché tu dia. - Nel diritto romano, tipo di contratto innominato, che si configura quando la prestazione già eseguita e quella che si aspetta in cambio consistono entrambe nel trasferimento di proprietà di una cosa (permuta). La locuzione si usa anche con significato più generico, a proposito di favori che si fanno nella previsione di ricevere adeguato contraccambio.

Dulcis in fundo.
Il dolce in fondo. - Si applica a cose che hanno esito felice, dopo gravi fatiche o sacrifici. Ma spesso anche in tono ironico, con senso simile a ora viene il bello.

Dura lex, sed lex.
Dura legge, ma legge. - Regola di diritto della tradizione scolastica, con cui si afferma la necessità morale di piegarsi a una legge, anche se dura. L'esempio più eroico di obbedienza alle leggi resta Socrate che, condannato a morte innocente, si oppose ai tentativi dell'amico Critone di farlo fuggire dal carcere, perché il buon cittadino, spiegò, deve obbedire alle leggi.