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latino nell'italiano A BCD EFGH I LMN OPQ RST UV
Erga omnes.
Verso tutti. - Locuzione latina, frequente nel linguaggio giuridico-amministrativo, per indicare una norma, un contratto sindacale valido per tutti gli appartenenti a una determinata categoria, senza eccezioni: contratti di lavoro erga omnes; la trascrizione rende operativo erga omnes il trasferimento di proprietà.
Errare humanum est.
Errare è dell'uomo. - Nel medioevo la frase fu completata con l'aggiunta di perseverare autem diabolicum, ma perseverare nell'errore è diabolico. Questa aggiunta fu presa dai Sermoni (1, 11, 5) di san Bernardo. Oggi il proverbio è usato per lo più per giustificare un errore ma anche per avvertire che si può sbagliare ma non ci si deve ostinare nell'errore. Cicerone dice che perseverare nell'errore "è da ignoranti".
Est modus in rebus. (Orazio, Satire, I, 1, 106).
V'è una misura nelle cose. - Nota sentenza di Orazio, cui fa seguito (Satire I, 1, 106-107) sunt certi denique fines, Quos ultra citraque nequit consistere rectum, vi sono determinati confini, al di là e al di qua dei quali non può esservi il giusto. La sentenza oraziana è spesso ripetuta per esprimere la necessità di una saggia moderazione e per richiamare al senso della misura.
Estote parati. (Matteo, XXIV, 43-44).
Siate preparati. - La frase è tratta dal Vangelo di Matteo: "Se il padrone di casa sapesse in che ora della notte viene il ladro, veglierebbe certamente e non si lascerebbe forzare la porta di casa. Perciò anche voi state preparati, perché il Figlio dell'uomo verrà in quell'ora che non pensate".
Etiam periere ruinae. (Lucano, Pharsal., 9, 969).
Anche le rovine perirono. - Sono le parole di Lucano che racconta la visita di Cesare alle rovine di Troia.
Eureka!.
Ho trovato!. - Esclamazione di gioia che, secondo la leggenda, sarebbe stata pronunciata da Archimede quando scoprì nel bagno la legge specifica del peso dei corpi. L'espressione si usa talvolta come esclamazione di gioiosa soddisfazione per la risoluzione di qualche problema difficile.
Ex abrupto.
All'improvviso. - Si dice specialmente di discorsi o allocuzioni volti a rivelare con assoluta immediatezza il corso dei pensieri: dire, parlare ex abrupto.
Ex abundantia cordis. (Matteo, XII, 34).
Dalla pienezza del cuore. - La locuzione proviene dal Vangelo di Matteo: ex abundantia cordis os loquitur, dalla pienezza del cuore, la bocca parla. E' usata in frasi come fare, dire qualcosa ex abundantia cordis, per pienezza di cuore, ovvero con tale convincimento intellettuale e sentimentale che quasi non si riesce ad astenersene.
Ex aequo.
Alla pari.- Giudizio che si pronuncia nei concorsi, o gare sportive: Il premio è stato assegnato ex aequo fra le due opere migliori.
Ex cathedra.
Dalla cattedra. - Nella dottrina cattolica designa la condizione di infallibilità del papa quando nelle sue funzioni di pastore e dottore della Chiesa definisce un dogma di fede, emana norme riguardanti la morale, canonizza i santi. Per estensione, nell'uso comune, parlare, sentenziare ex cathedra significa in modo dogmatico, con sussiego e perentorietà. Anche in senso proprio "dalla cattedra" e senza significato peggiorativo: le lezioni ex cathedra sono assai meno efficaci delle esercitazioni di seminario.
Excursus.
Divagazione, digressione. - Breve disquisizione di carattere informativo , inserita a completamento di uno o più punti di una trattazione generale su questioni controverse di storia o di letteratura.
Excusatio non petita, accusatio manifesta.
Scusa non richiesta, accusa manifesta. - Notissimo proverbio di origine medievale. Il troppo zelo, sempre sconsigliabile, diventa in questo caso una ritorsione.
Exequatur.
Si esegua. - Formula imperativa che esprime concessione, convalida, autorizzazione. Nel linguaggio giuridico, con l'exequatur la magistratura italiana riconosce efficacia a una sentenza civile straniera. Nel diritto amministrativo indica il visto di esecutività apposto da un'autorità superiore ai provvedimenti di un'autorità gerarchicamente inferiore. Nel diritto internazionale, atto con il quale uno stato accetta e riconosce la nomina di un console straniero nel proprio territorio. Formula con cui lo stato, prima del Concordato, concedeva l'esecutività a taluni atti della Santa Sede e specialmente a quelli riguardanti le provvisioni dei benefici maggiori.
Ex libris.
Dai libri. - Contrassegno (timbro, sigillo, cartellino a stampa) che si pone sulla copertina o sul foglio di guardia di un libro per provarne la proprietà. Grazie agli ex libris, oggi siamo in grado di conoscere il nome di molti eruditi bibliofili del passato.
Ex professo.
Di proposito. - Si dice di chi parla di una cosa o tratta una cosa con vera compertenza: parlare ex professo; trattare ex professo un argomento. Questa locuzione è usata dal Manzoni nei Promessi Sposi (XXVII) parlando del Ferrante e lo definisce, con bonaria ironia, in grado di discorrere ex professo di tutto: dei malefici, di storia, di politica e, in particolare, della scienza cavalleresca.
Ex voto.
Secondo la promessa. La locuzione completa è ex voto suscepto, secondo la promessa fatta. Formula apposta a un oggetto offerto in dono alla divinità e anche, in età cristiana, a Dio, alla Vergine, a un santo, per grazia ricevuta o in adempimento di una promessa fatta. Per estensione, nome con cui sono indicati gli oggetti stessi, di solito appesi alle pareti dei santuari, sugli altari, sulle statue.
Faber est suae quisque fortunae.
Ciascuno è artefice della propria fortuna. - Antica massima che Sallustio attribuisce ad Appio Claudio Cieco (Appio Cieco, in Sallustio, Epist. ad Caes., 2, 1), e che si suole citare per affermare che nella vita dell'uomo conta più la volontà e l'azione che l'intervento della sorte.
Facsimile,
Cosa simile - Copia esatta di scritto, stampato, disegno, oggetto, ottenuta mediante riproduzione fotografica o con altre tecniche. Nel linguaggio figurato, di cosa o persona tanto simile a un'altra da poter essere scambiata con questa.
Factotum.
Fa tutto. - Chi, in un'azienda, in una comunità, e in genere in un luogo di lavoro, edempie i più diversi incarichi, facendo o pretendendo di fare tutto lui: Renzo, come giovane di talento, e abile nel mestiere, era, in una fabbrica, di grande aiuto al factotum (Manzoni); sono il factotum della città (nel Barbiere di Siviglia di Gioachino Rossini).
Fama volat. (Virgilio, Aen., 3, 121).
La fama vola. - Il verso virgiliano sta ad indicare come rapidamente corre la notizia delle cose, dei fatti e degli uomini.
Felix culpa.
Felice Colpa. - Parole di sant'Agostino a proposito del peccato originale che all'umanità aveva valso la venuta di Cristo. La frase in senso estensivo viene riferita ad errore che porta conseguenze non cattive.
Ferrum ferro exacuitur.
Il ferro s'aguzza col ferro. - Proverbio di Salomone. Noi abbiamo "Una mano lava l'altra"; "chiodo scaccia chiodo".
Fervet opus. (Virgilio, Georg., 4, 169).
Ferve il lavoro. - Così dice Virgilio del lavoro delle api. E si applica al lavoro umano, quando è più febbrile e intenso.
Festina lente. (Svetonio, August., 25).
Affrettati lentamente. - Detto attribuito da Svetonio ad Augusto, che si usa ripetere per esortare ad agire presto ma con cautela.
Fiat lux.
Sia fatta la luce. - Parole nella Genesi (I, 3), quando Dio creò il mondo e ordinò che fosse fatta la luce: dixitque Deus fiat lux et lux facta est, e disse Dio: sia fatta la luce, e la luce fu fatta. Le due parole fiat lux, o anche l'intera frase, sono spesso ripetute, talora scherzosamente in senso proprio, talora con gli usi figurati che si adattano a occasioni e situazioni particolari.
Fiat voluntas tua. (Matteo XXVI, 42).
Sia fatta la tua volontà. - Parole di Gesù nell'orto degli ulivi; le stesse parole sono contenute nel Pater noster (Matteo VI, 10). Si ripetono, talora, nella loro forma latina per esprimere concessione oppure accettazione rassegnata.
Fides punica.
Fede cartaginese. - L'espressione (che appare in questa forma presso Sallustio, e in forma variata - "fides graeca" - presso altri scrittori latini) è stata spesso usata col senso peggiorativo di mancanza di fede, slealtà, per la frequenza con cui i Cartaginesi avevano violato i patti.
Finis coronat opus.
La fine corona l'opera. - Frase latina spesso ripetuta nel senso che la fine è coronamento dell'opera, cioè costituisce il premio della fatica durata. Talvolta, però, finis è interpretato come il fine, lo scopo dell'azione.
Finis Polonae.
Fine della Polonia. - Esclamazione attribuita al generale Taddeo Kosciuszko, eroe polacco, vinto dal generale russo Suvarov, alla battaglia di Maciejowice (1794), ma lui la smentì.
Fluctuat, nec mergitur.
E' agitata dalle onde, ma non si sommerge. - Motto della città di Parigi, che ha per stemma una nave in mare.
Forma mentis.
Conformazione della mente. - Struttura mentale, quale si determina nell'individuo, per indole o per educazione, e si rivela nell'affrontare problemi di ordine teorico o pratico.
Frangar non flectar.
Mi spezzerò ma non mi piegherò. - Nota frase latina, usata come motto gentilizio per significare l'energia morale che non cede davanti a nessuna minaccia o pericolo.
Furor Teutonicus.
Furore teutonico. - Espressione che si trova nella Farsaglia del poeta latino Lucano (I, 255-256), ripresa da vari scrittori latini e volgari e passata poi in proverbio con allusione alla fierezza e violenza guerriera dei popoli germanici. Si veda fra gli altri il Petrarca, che nella canzone O aspettata in ciel beata e bella parla di tedesco furor, e di tedesca rabbia nella canzone Italia mia.
Gaudeamus igitur.
Godiamo dunque. - E' l'inizio di un famoso canto goliardico medievale, poi diventato l'inno internazionale degli studenti: Gaudeamus igitur Iuvenes dum sumus, godiamo dunque finché siamo giovani. Le prime due parole, gaudeamus igitur, sono spesso ripetute come invito gioviale ad abbandonarsi spensieratamente alla gioia, alle feste.
Genius loci.
Genio del luogo. - Per la religione romana, ogni uomo che nasceva aveva il suo genius e l'interessato lo festeggiava nel giorno del compleanno. Qualcosa di analogo è, nella religione cristiana, l'angelo custode. Il genius era anche il nume tutelare dei luoghi.
Genus irritabile vatum. (Orazio, Epist., II, 2, 102).
La razza irritabile dei poeti. - Frase con cui Orazio definisce la naturale suscettibilità dei poeti. Divenuta proverbiale, è usata anche estensivamente, con allusione al carattere talora scontroso di quanti hanno familiarità con la poesia, con l'arte in genere o con gli studi.
Habeas corpus
Abbi il (tuo) corpo. - Nel diritto anglosassone, il principio e la tutela della inviolabilità personale, e per esso, il diritto di conoscere la causa di un arresto. Per estensione, la locuzione è usata per indicare le garanzie delle libertà personali del cittadino.
Habemus confitentem reum. (Cicerone, Pro Ligario, I, 2).
Abbiamo il reo confesso. - Espressione usata talora nel linguaggio giuridico o anche scherzosamente nell'uso comune, per indicare che una persona si è decisa a confessare il suo fallo.
Habemus papam
Abbiamo il pontefice. - A concistoro finito, il cardinale decano annuncia al popolo, che attende, l'elezione del nuovo papa con questa formula: "Nuntio vobis gaudium magnum: habemus papam, eminentissimum et reverendissimum dominum..., qui sibi imposuit nomen...". La frase, anche nella forma habemus pontificem, si usa scherzosamente per indicare qualunque elezione ad un'alta carica.
Habent sua fata libelli.
I libretti hanno la loro fortuna. - Frase del grammatico latino Terenziano Mauro (sec. 3° d.C.), la quale, nella sua forma completa, Pro captu lectoris habent sua fata libelli, secondo la disposizione del lettore, i libri hanno la loro fortuna, si usa per significare che ogni libro ha il suo destino, è predestinato cioè a maggiore o minore fortuna quale che sia il suo merito intrinseco (oppure anche che ogni libro è destinato presto o tardi, all'oblio).
Haec ornamenta mea
Questi sono i miei gioielli. - Valerio Massimo pone questa frase in bocca a Cornelia, madre dei Gracchi, che mostrò i suoi figli ad una matrona la quale vantava i suoi gioielli ed i suoi ori.
Hannibal ad portas o ante portas.
Annibale è alle porte (di Roma). - Lo dice Tito Livio, narrando il terrore dei romani all'annuncio della vittoria riportata dal generale cartaginese a Canne (216 a.C.). Si temeva che Annibale marciasse su Roma. La frase viene oggi ripetuta nell'imminenza di un pericolo.
Hic et nunc
Qui ed ora. - Locuzione che significa "subito, immediatamente" ; è pronunciata soprattutto nel dare un ordine, o da parte di chi si affretta a eseguirlo.
Hic manebimus optime. (Livio, Hist., 5, 55)
Qui resteremo benissimo. - Quando i Galli ebbero incendiata Roma (390 a. C.), alcuni senatori proposero di trasferirsi a Veio; ma Furio Camillo cercò di dissuaderli. Un centurione che passava pel foro gridò: "Signifer, statue signum, hic manebimus optime", vessillifero, pianta l'insegna, qui resteremo benissimo. Udita questa frase, i senatori vi ravvisarono un ammonimento divino, e d'accordo con la plebe Roma non fu abbandonata. La frase venne ripetuta da Quintino Sella nel 1870, quando la capitale da Firenze fu portata a Roma.
Hic Rhodus, hic salta.
Qui è Rodi, qui salta. - Traduzione latina di una frase greca che in una favola di Esopo viene rivolta a un millantatore il quale si vantava di aver fatto un grandissimo salto nell'isola di Rodi. Si usa oggi per deridere gli spacconi e metterli alla prova.
Hic sun leones.
Qui ci sono i leoni. - Frase che si legge sulle carte geografiche antiche, nelle regioni allora inesplorate dell'Africa. La frase è talora ripetuta per accennare scherzosamente a un pericolo certo ma di natura ancora non ben precisata, o anche per indicare una materia o una scienza che non si conosce molto bene.
Hoc erat in votis. (Orazio, Sat., II, 6, 1).
Questo era nei desideri. - Parole, divenute proverbiali (anche nelle forme quod erat in votis e sicut erat in votis), con le quali Orazio ringrazia Mecenate del dono di una villa in Sabina. Si usano talora, per indicare l'esito ottenuto di una cosa che si desiderava.
Hoc opus, hic labor. (Virgilio, Aen., IV, 129).
Questo il lavoro, questa la fatica. - Emistichio virgiliano in cui la Sibilla avverte Enea sulle soglie dell'inferno che il difficile non è entrarvi ma uscirne. Si usa proverbialmente per indicare quali sono le maggiori difficoltà di un'impresa. Equivale pressappoco al dantesco Qui si parrà la tua nobilitate (Inferno, II, 9).
Hodie mihi, cras tibi.
Oggi a me, domani a te. - Si pronuncia talvolta per esortare altri o se stessi alla sopportazione di mali inevitabili, o come ammonimenti a non rallegrarsi delle altrui sventure, perché la ruota della fortuna gira rapidamente.
Homo homini lupus.
L'uomo è lupo per l'uomo. - Proverbio pessimistico, derivato da Plauto (Asinaria, II, 4, 88), che vuole alludere all'egoismo umano, e assunto dal filosofo inglese Thomas Hobbes, nella sua opera De cive, per designare lo stato di natura in cui gli uomini, soggiogati dall'egoismo, si combattono l'un l'altro per sopravvivere.
Homo sum, humani nihil a me alienum puto. (Terenzio, Heautontimorumenos, I, 1, 25)
Sono uomo, niente di ciò ch'è umano ritengo estraneo a me. - Parole pronunciate dal vecchio Cremete, a giustificazione della sua curiosita, e divenute proverbiali per alludere alla fondamentale debolezza della natura umana, alla difficoltà di evitare l'errore o la colpa. Si citano anche per significare di essere aperto a ogni esperienza umana.
Homo trium literarum. (Plauto, Trinum).
Uomo di tre lettere. - Con questa frase, Plauto definisce un ladro, "Fur", senza che appaia l'accusa.
Honoris causa.
A titolo di onore. - Così è definita la laurea che le Università accordano a persone che si sono distinte per alti meriti, senza che abbiano subito esami; ma, anche, senza che acquistino il diritto di insegnare o concorrere a cattedre.
Horribile dictu.
Orribile a dirsi. - Horresco referens (inorridisco raccontando) sono invece le parole che Virgilio (Aen., II, 204) fa pronunciare ad Enea quando narra a Didone l'orribile fine di Laocoonte e dei suoi figli.
Horror vacui.
Orrore del vuoto. - Frase con la quale si espresse un concetto fondamentale della fisica aristotelica che, in polemica con la fisica democritea, asseriva l'inesistenza di spazi vuoti (la natura aborre dal vuoto).